Il Morbo di Crohn o come più recentemente è stato definito Malattia di Crohn, è una patologia infiammatoria cronica, a causa sconosciuta, che può interessare potenzialmente qualsiasi tratto dell’apparato gastroenterico, causando un’ampia gamma di sintomi e segni clinici intestinali ed extra intestinali.
Con il termine MICI si intende indicare le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, note anche con l'acronimo inglese IBD Inflammatory Bowel Disease, che comprendono la Colite Ulcerosa e la Malattia di Crohn.
Si tratta di patologie ritenute ancora relativamente rare (in Italia ne sono affetti oltre 200.000 pazienti), ma la cui frequenza sembra essere in costante aumento anche per una maggiore attenzione al problema.
Le MICI rappresentano oggi, insieme alle malattie Epatologiche, il più importante gruppo di patologie che il gastroenterologo è chiamato ad affrontare.
La Colite Ulcerosa è una malattia infiammatoria cronica intestinale, che interessa solo la mucosa del colon ed è caratterizzata da un’infiammazione superficiale che può estendersi per continuità fino ad interessare tutte le porzioni prossimali del colon a partire dal retto, il cui coinvolgimento è sempre presente (per cui si parla spesso di Rettocolite Ulcerosa o RCU).
La Malattia di Crohn è una malattia infiammatoria cronica intestinale , che interessa a tutto spessore la parete del tubo digerente, in maniera però segmentaria ("lesioni a salto"), potendosi localizzare in qualunque parte del tratto digerente benché più frequentemente coinvolge l'ileo o il colon o entrambi.
L'esordio delle MICI si ha più frequentemente nella fascia d'età tra i 15 e i 30 anni . Circa il 25% dei casi esordisce entro la seconda decade di vita ma i sintomi possono comparire, anche se raramente, prima dei 10 anni di età.
Le queste paiologie colpiscono con eguale frequenza entrambi i sessi.
Purtroppo, non è ancora nota la causa esatta di queste malattie, pertanto il loro andamento è di tipo cronico-recidivante, caratterizzato dall'alternarsi di fasi di attività e di periodi di remissione.
Sono state avanzate diverse ipotesi per spiegare l'origine delle MICI e tra queste la maggiormente accreditata pare essere quella di una reazione immunologica abnorme da parte dell’intestino verso antigeni normalmente presenti.
Le ricerche hanno riscontrato "trasversalmente" un certo grado di rischio nei familiari di pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali o da sindromi autoimmuni, tuttavia queste patologie non sono considerate malattie a carattere ereditario.
La terapia delle MICI si avvale di vari farmaci, scelti a seconda dei sintomi del paziente, della fase di attivita’ della malattia e di alcune caratteristiche cliniche, come la sede e l’estensione delle lesioni, la risposta alla precedente terapia e lo sviluppo di complicanze intestinali ed extraintestinali.
Altro fattore, che viene tenuto in considerazione per quanto riguarda la Malatia di Crohn, è rappresentato da intervento chirurgico a cui il paziente è stato sottoposto durante la sua storia clinica.
In breve, quando la malattia è attiva, l’obiettivo è di spegnerla, ovvero di riportarla allo stato di remissione sia clinicamente (sintomatologia del paziente), sia laboratoristicamente (esami del sangue e calprotectina fecale), sia a livello strumentale (endoscopia, ecografia, radiologia); quando invece non è attiva, l’obiettivo è di mantenerla spenta, quiescente.
Alcuni sono dei semplici farmaci sintomatici generici (antidiarroici come la colestiramina, antidolorifici come il paracetamolo), altri sono farmaci specifici, mirati a controllare l’infiammazione che caratterizza queste malattie.
La caratteristica di questi farmaci è quella di modulare il sistema immunitario, che in queste malattie risulta disregolato e spesso iperattivo.
Vari farmaci vengono assunti per bocca, alcuni per via endovenosa o sottocutanea, altri per clisma/schiuma rettale o come supposta.
La terapia è spesso prolungata e richiede periodici monitoraggi clinici e con esami del sangue.
Nei casi di malattia severa non responsiva ai farmaci (soprattutto nella Colite Ulcerosa) o in presenza di complicanze (es. stenosi intestinali nella Malattia di Crohn), la terapia può essere chirurgica.
In particolare nella Colite Ulcerosa, l'intervento chirurgico è sostanzialmente risolutivo poiché porta via l'intero colon, unica sede di malattia. In questo caso, a meno di controindicazioni varie, al giorno d'oggi, si costruisce al posto del colon rimosso, un serbatoio ileale detto "pouch" che funziona come un nuovo retto, mantenendo il regolare transito intestinale ed eliminando la necessità di creare un nuovo ano sull'addome del paziente (sacchetto per stomia).
Nella Malattia di Crohn, l'intervento chirurgico viene eseguito tendenzialmente in maniera conservativa, cercando di portar via, quando necessario, solo il tratto di intestino interessato dalla malattia attiva e mantenendo quanto più possibile la lunghezza originale dell'intestino stesso.
Ciò poiché purtroppo, la storia naturale della Malattia di Crohn spesso porta il paziente ad essere sottoposto a diversi interventi chirurgici.
In entrambe le MICI l'intervento chirurgico puà essere eseguito con tecnica laparoscopica (senza aprire l'addome) o con tecnica laparotomica (aprendo l'addome "a cielo aperto"). La scelta viene fatta del chirurgo operatore in base alle caratteristiche della malattia, del paziente e alla propria esperienza.
Altra applicazione chirurgica si trova nella malattia perianale che può complicare le MICI e che non si risolve con la terapia medica.
La Colite Ulcerosa o Rettocolite Ucerosa (quando la malattia coinvolge anche l'area del retto), è una malattia infiammatoria cronica intestinale, ad origine idiopatica (ignota), che colpisce l’ultimo tratto di intestino, il colon e il retto.
La malattia infiammatoria intestinale è una patologia a carattere familiare?
Una delle osservazioni più consistenti negli studi di pazienti con MICI è l’elevata incidenza di Cu (Colite ulcerosa) e MC (Malattia di Crohn) tra i familiari di pazienti che ne sono affetti.
Nella maggior parte degli studi, una storia familiare viene riportata in un range del 10-20% dei casi. È evidente che la presenza di casi familiari suggerisce una possibile predisposizione su base ereditaria, la possibile esposizione a fattori ambientali scatenanti o entrambe le situazioni.
In questa come in altre patologie (per esempio, diabete) in cui emergono cluster familiari, uno degli elementi che meglio consente di dirimere tra l’importanza dei fattori genetici rispetto a quelli innescati dalla situazione ambientale, è costituito dagli studi di concordanza nei gemelli. In questi studi si confronta la presenza della stessa patologia nei gemelli monozigoti rispetto a quelli dizigoti. Per quanto riguarada le MICI la maggior parte degli studi pubblicati riporta piccole casistiche o casi singoli. L’insieme di questi dati dimostra tuttavia una concordanza del 67% e 20% rispettivamente nella MC e nella Cu nei gemelli omozigoti. Viceversa, la concordanza è praticamente assente (5 e 0) nei gemelli dizigoti.
Un ulteriore elemento da sottolineare è che una storia positiva per MICI rappresenta il maggior fattore di rischio noto ed individuato. La percentuale di storia familiare è assai variabile nelle diverse casistiche. Mediamente, è stata riportata una storia familiare nel 17% dei pazienti con MC e nel 12.5% in quelli affetti da Cu.
Infine, un dato di estremo interesse è quello relativo alla identificazione di caratteristiche peculiari nei pazienti con storia familiare di MICI. Per esempio, uno degli elementi più segnalati è che la diagnosi di MICI viene posta nei figli con storia familiare più precocemente di quanto sia avvenuto nei rispettivi genitori. Ciò è ovviamente in parte spiegabile con la maggiore attenzione posta in queste famiglie anche ai primi sintomi di malattia ed, inoltre, con il miglioramento delle metodiche di indagine tra le due diverse generazioni nonchè all’aumento di incidenza delle MICI che si è verificato negli ultimi decenni. Inoltre, sono state riscontrate un’elevata concordanza di diagnosi di malattia nell’ambito dell stessa famiglia che può arrivare fino all’80% dei casi (nel caso di probandi con Mc sarà più frequente la MC e viceversa), un’elevata concordanza per la sede di localizzazione (soprattutto per l’ileo nella MC) e per le modalità di esordio della malattia (ad esempio famiglie con più frequenti forme stenosanti o forme fistolizzanti di MC).
Come si differenziano colite ulcerosa e morbo di Crohn dal punto di vista anatomo-patologico?
La MC e la Cu differiscono per diverse caratteristiche morfologiche. Nella MC, la mucosa intestinale viene interessata in modo discontinuo: segmenti di mucosa gravemente danneggiati si alternano ad altri in cui la mucosa ha un aspetto, apparentememte normale (“skip areas”). In oltre, in circa il 50% dei casi di MC a localizzazione colica, il retto è risparmiato. Al contrario, nella Cu il processo infiammatorio interessa in modo continuo ed uniforme la mucosa intestinale ed il retto è quasi sempre colpito, segmento dal quale poi, l’infiammazione può estendersi prossimalemente fino a poter interessare l’intero colon. Ancora, nella MC il processo infiammatorio interessa a tutto spessore la parete intestinale fino a coinvolgere la sierosa ed il mesentere, spiegandosi in tal modo il caratteristico sviluppo di fistole e raccolte ascessuali.
Come conseguenza dell’infiammazione della sierosa, le anse intestinali adiacenti tendono ad aderire tra loro fino a costituire un conglomerato, tenuto insieme da una reazione fibrinosa peritoneale, che si rende apprezzabile come massa palpabile, più frequentemente in fossa iliaca destra. Tramiti fistolosi possono aprirsi tra anse intestinali adese, colon o altri organi adiacenti, quali la vescica o la vagina, oppure raggiungere la cute o terminare a fondo cieco nel peritoneo o nel retroperitoneo.
Nella Cu, invece, non si ha sviluppo di fistole. Come conseguenza dell’estensione del processo infiammatorio a tutta la parete intestinale e della successiva sua evoluzione fibrotica, nella MC possono svilupparsi stenosi intestinali già nelle prime fasi della malattia. Al contrario, lo sviluppo di stenosi nella Cu rappresenta l’esito della cronicità e del periodico ricorrere degli episodi di riattivazione della malattia che danno luogo a fibrosi e a retrazione della parete colica.
Microscopicamente, il reperto di granulomi è l’elemento diagnostico più utile per differenziare la MC dalle altre forme di malattia infiammatoria dell’intestino e, sprattutto, dalla Cu, in cui tale reperto è assente. Un altro aspetto fondamentale da ricordare è che, mentre la Cu colpisce unicamente il colon, la MC può interessare qualsiasi tratto del canale alimentare. Tuttavia, le sedi più comunemente coinvolte dal processo infiammatorio nella MC sono: in circa il 30% dei casi l’intestino tenue (di solito l’ileo terminale), con il colon indenne; in un altro 30% viene colpito il colon solamente, e nel rimanente 40% si ha una localizzazione ilo-colica, interessante, di solito, l’ileo ed il colon destro.
Infine, mentre è generalmente possibile disporre di elementi sufficienti per la diagnosi differenziale tra MC e Cu, nel 10-20% dei casi, tale distinzione può risultare impossibile.
Quale è il rapporto tra il fumo di sigaretta e le MICI?
Il fumo è il fattore di rischio più studiato nelle MICI. La ricerca, soprattutto, epidemiologica, permette oggi di affermare che il fumo protegge dalla Cu ed è invece un fattore di rischio per la MC. In particolare, studi metanalitici hanno dimostrato che l’odds ratio (OR) cumulativo, la misura cioè della forza di associazione tra un dato fattore e lo sviluppo di una data malattia, è di 0.44 per la Cu e di 1.8 nella MC (fumatori vs non fumatori), indicando che nella Cu il fumo ha un chiaro effetto protettivo, mentre nella MC è un vero e proprio fattore i rischio.
Poiché, inoltre, le Ibd hanno una relativa alta incidenza tra i bambini, è stato studiato il ruolo del fumo passivo ed i pochi studi finora condotti sembrano confermare quanto già detto per i pazienti adulti. Sembra che il rischio di malattia sia significativamente più elevato quanto maggiore è il tempo di esposizione al fumo, nella MC, e quanto minore è l’intervallo dalla sua sospensione nella Cu. Pochi dati sono disponibili sul decorso clinico della Cu nei fumatori. Sembra, tuttavia, che nei pazienti che iniziano a fumare dopo la diagnosi, la malatia abbia un decorso più benigno, con una riduzione del tasso di recidiva e di ricorso alla chirurgia. Al contrario, nella MC i dati disponibili sono sono assai più consisenti e dimostrano come il fumo sia fattore di rischio di recidiva clinica e, nel post-intervento, di recidiva clinica, endoscopica e chirurgica.
Quali alimenti sono controindicati in un paziente con malattia infiammatoria intestinale?
In generale, non ci sono restrizioni dietetiche da prescrivere ad un paziente affetto da Cu o MC. I pazienti vanno incoraggiati all’adozione di una dieta assolutamente normale, varia, nutriente e ben equilibrata.
Il mantenimento di un adeguato stato nutrizionale è condizione anch’essa contributiva di una buona risposta alla terapia farmacologica. In questo ambito, non vanno eliminati, come spesso succede, alimenti ricchi in scorie, come la frutta e le verdure. Una buona alimentazione, inoltre, permette di prevenire eventuali perdite di elementi quali ferro, magnesio, zinco, ma anche di vitamine ed elettroliti. È ovvio, che devono essere rispettate le intolleranze individuali.
Vi sono tuttavia condizioni nelle quali alcune precauzioni devono essere osservate. Se un paziente è affetto da una MC complicata da stenosi intestinali o nei casi di attività severa della malattia è raccomandabile una dieta povera in scorie e più ricca in liquidi. L'alimentazione ricca di scorie infatti può contribuire all'insorgenza di crisi dolorose addominali di tipo occlusivo od all'aumento della frequenza dell'alvo.
Anche se l'etiologia delle MICI non è ancora nota negli ultimi due decenni sono stati compiuti numerosi progressi circa la conoscenza dei meccanismi che conducono allo sviluppo della malattia.Ciò ha permesso l'identificazione di nuovi target terapeutici il cui blocco selettivo può permettere di controllare l'infiammazione.
Il Centro è noto per aver esso stesso sperimentato trattamenti innovativi per la malattia di Crohn , come il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche , ma anche perchè è sede di sperimentazioni cliniche sui farmaci innovativi.Esso , inoltre , collabora con altri Centri di eccellenza , sia nazionali che internazionali , allo scopo di meglio comprendere e definire sia i meccanismi di malattia che le terapie più innovative.
Scritto del Professor Sandro Ardizzone.
Per la loro caratteristica la diagnosi di queste malattie può essere tutt'altro che rapida specie nella malattia di Crohn dato che i sintomi dei pazienti sono spesso aspecifici e talora di entità anche lieve.
La presentazione clinica delle malattie croniche intestinali è infatti molto variabile, anche a seconda del grado di attività di malattia (lieve, moderata, severa). La caratteristica principale di queste malattie è l'infiammazione della parete intestinale per cui la sintomatologia è prevalentemente rappresentata dalla diarrea cronica, associata a dolori addominali a varia localizzazione (nella malattia di Crohn è più frequentemente sito sui quadranti inferiori a destra, nella colite ulcerosa può trovarsi maggiormente sui quadranti inferiori di sinistra). Può essere presente il sanguinamento rettale (soprattutto nella colite ulcerosa) con anemia, dimagrimento e stanchezza; talvolta si ha anche febbre. Si tratta comunque di sintomi pressocché aspecifici.
Nelle forme più severe, la malattia può esordire direttamente con le sue complicanze (soprattutto nella malattia di Crohn): stenosi intestinali (restringimenti del lume che possono causare sintomi da occlusione intestinale, come dolore addominale severo, stipsi, nausea e vomito), fistole (tramiti di collegamento di nuova formazione tra diverse anse intestinali; tra un'ansa intestinale e organi vicini, come la vescica, la vagina; tra un'ansa intestinale e la cute, anche a livello perianale) e ascessi (raccolte di pus generalmente collegate a fistole, che si formano per sovrainfezione di masse infiammatorie dovute al passaggio del contenuto intestinale nei tessuti limitrofi).
Nel caso della colite ulcerosa, una possibile complicanza è il megacolon tossico, caratterizzato da un'abnorme dilatazione del colon, così come si può avere lo sviluppo di tumori.
Nelle malattie croniche intestinali inoltre si possono avere manifestazioni "extraintestinali" della malattia, ossia riferibili ad altri organi, principalmente rappresentate dallo sviluppo di patologie reumatologiche correlate (artropatie enteropatiche che si manifestano con dolori articolari diffusi e migranti), patologie dermatologiche (più frequentemente l'eritema nodoso, caratterizzato da arrossamento e nodularità della cute, dolenti) e patologie oculari (per esempio l'uveite con arrossamento oculare, sensazione di corpo estraneo, ecc.). Altre possibili manifestazione extraintestinali si hanno a livello dell'apparato epatobiliare, prima fra tutte la colangite sclerosante primitiva che può associarsi alla colite ulcerosa e che è un'infiammazione dei dotti biliari del fegato, con ostacolo al deflusso della bile.
Non esiste un singolo esame che permetta di arrivare con sicurezza alla diagnosi di malattie croniche intestinali pertanto si ricorre all'integrazione di varie indagini cliniche, di laboratorio e strumentali (endoscopia, ecografia, radiologia).
Data la loro cronicità, la ripetizione di tali accertamenti è spesso richiesta più volte nel corso della storia clinica di ciascun paziente, al fine di monitorare le fasi di attività di malattia, valutare la risposta alle terapie praticate e modulare, se possibile, lo sviluppo di complicanze.
Un'ulteriore applicazione riguardante soprattutto l'endoscopia è rappresentata inoltre dalla prevenzione dei tumori del colon, il cui rischio sembra aumentato nella rettocolite ulcerosa e nella malattia di Crohn a localizzazione colica di lunga data. E' quindi indicato fare una colonscopia periodica (da 1a 5 anni a seconda dell'estensione di malattia) con biopsie numerose ed eseguite in sedi casuali per evidenziare precocemente lesioni precancerose.
In considerazione delle possibili manifestazioni extraintestinali suddescritte inoltre, è verosimile che, alla comparsa di sintomi o segni riconducibili ad una delle possibili patologie di malattie intestinali croniche siano richiesti approfondimenti diagnostici aggiuntivi di laboratorio e/o strumentali finalizzati ad individuare tali complicanze.