Giungere ad una diagnosi definitiva di Malattia di Crohn risulta frequentemente complesso; tale patologia è pertanto spesso associata ad un variabile ritardo diagnostico. Diversi studi hanno mostrato che l'intervallo di tempo tra l'insorgenza della sintomatologia e la diagnosi è estremamente ampio, risultando compreso tra 5 mesi e 2 anni.
In letteratura è inoltre evidenziato come più del 25% dei pazienti abbia raggiunto la diagnosi definitiva di Morbo di Crohn solo 24 mesi dopo l'esordio della sintomatologia. Il ritardo diagnostico può inoltre frequentemente tradursi in situazioni sfavorevoli per il paziente affetto da Crohn, come la formazione di stenosi=strozzature ed un aumentato rischio di intervento chirurgico.
E’ importante giungere a una diagnosi precoce della patologia. Alla localizzazione ileale di Crohn è associato al ritardo nella individuazione di malattia.
Invece i sintomi di presentazione e le loro caratteristiche in termini evolutivi non sono ancora stati analizzati come fattori di rischio indipendenti nella determinazione di una diagnosi tardiva. Tuttavia i dati a nostra disposizione riguardo al possibile ruolo svolto dai sintomi dell’intestino irritabile nella durata della fase diagnostica risultano controversi.
L'indice di sospetto clinico è fortemente orientato dalla sintomatologia all'esordio; la stratificazione del rischio di Colite Ulcerosa o Crohn è basata infatti sopratutto sulla la tipologia dei sintomi e la loro durata insieme ad altri fattori come la familiarità positiva per la patologia. Sono stati pertanto raccolti dati relativi ai sintomi presenti all'esordio e dopo la presentazione in correlazione con le altre indagini finalizzate alla diagnosi definitiva.
Il ritardo diagnostico nella Malattia di Crohn
Correlazione tra sintomatologia e indagini strumentali
Uno studio su pazienti di nuova diagnosi
Per questo motivo è stato effettuato uno studio presso l’ospedale U.O. di Gastroenterologia dell’Ospedale Sacco volto a valutare:
- la correlazione tra la sintomatologia presente all’esordio e/o alla diagnosi di MC e il ritardo diagnostico, con particolare attenzione alla sintomatologia compatibile con intestino irritabile;
- la correlazione tra le indagini strumentali, sia di tipo endoscopico che di imaging, utilizzate per porre diagnosi definitiva di malattia ed il ritardo diagnostico;
- la prevalenza e la tipologia delle consultazioni mediche effettuate prima di giungere alla diagnosi definitiva ed il loro eventuale impatto sul prolungamento dei tempi diagnostici;
Lo studio ha incluso 84 pazienti con diagnosi recente di malattia di Crohn minore di 6 mesi, che sono stati intervistati per mezzo di un questionario standardizzato.
Il ritardo diagnostico e le consultazioni mediche
Il ritardo diagnostico medio dei pazienti presi in esame è di 8.1 mesi.
Rispetto agli 83 casi analizzati 26 pazienti non hanno consultato il proprio Medico di Medicina Generale prima della diagnosi. 57 sono i pazienti che hanno invece consultato il Medico di Medicina Generale.
I pazienti che non si sono rivolti al Medico di Medicina Generale mostrano un ritardo diagnostico di durata inferiore rispetto ai pazienti che lo hanno consultato (1.5 vs 14.2 mesi) in aggiunta ad un numero maggiore di accessi in Pronto Soccorso (69.2% vs 45.6%).
Il ritardo diagnostico e la sintomatologia
I più frequenti sintomi registrati all'esordio sono stati: diarrea (72.3%) con una media di 4.1 scariche al giorno, dolore addominale (69.9%), meteorismo (33.7%), astenia (26.5%), calo ponderale (26.5%) e febbre (21.7%). 34 pazienti hanno lamentato sintomi di Intestino irritabile (41.0%).
E' emersa una stretta correlazione tra il ritardo diagnostico e l'età del paziente alla diagnosi oltre che tra il ritardo e la malattia a behaviour stenosante.
Non abbiamo potuto individuare l'esistenza di una correlazione tra il ritardo diagnostico e un sintomo specifico presente all'esordio o alla diagnosi.
Nemmeno l'evoluzione della sintomatologia a partire dalla situazione iniziale sembra influire sul ritardo diagnostico. Tuttavia la presenza di meteorismo all'esordio è associata ad un ritardo nettamente più significativo (6.1vs 16.8 mesi)tra i pazienti che lamentavano meteorismo e quelli in assenza. Il riscontro di sanguinamento rettale alla presentazione è associato ad un ritardo nella diagnosi nettamente inferiore (3 vs 9.6 mesi).
Il ritardo diagnostico e le indagini precedenti
Sulla totalità del campione 26 pazienti sono stati sottoposti prima della diagnosi ad indagini endoscopiche inconcludenti, nel dettaglio: ileocolonscopie senza biopsie multiple e colonscopie senza ileoscopia.
Per i pazienti che disponevano di una colonscopia completa associata a prelievi multipli il ritardo è di 6.1 mesi, i pazienti in cui non sono state effettuate biospie invece 24.4 mesi. Inoltre, nei pazienti in cui non è stato possibile visualizzare l'ileo, il ritardo è di 20.3 mesi.
Dallo studio non è invece emersa una correlazione tra il ritardo diagnostico e l'utilizzo di altre indagini prima della diagnosi definitiva di malattia di Crohn .
Conclusioni
In conclusione il prolungamento dei tempi diagnostici risulta correlabile alla frequente esecuzione errata o incompleta delle indagini endoscopiche.
La sintomatologia, insieme al quadro clinico di presentazione di tipo intestino irritabile, non sono invece risultate correlabili alla genesi del ritardo. Mentre il sintomo meteorismo alla presentazione è associato ad un netto prolungamento dei tempi necessari alla definizione della malattia (6.1 vs 16.8 mesi)
Interessante è la correlazione emersa tra ritardo diagnostico ed età alla diagnosi.
Il prolungamento dei tempi necessari alla diagnosi definitiva risulta tanto aumentato quanto maggiore è l’età del campione analizzato.Si fa l’ipotesi, da approfondire, che tale correlazione dipenda da una diversa eziopatogenesi di Crohn nel giovane rispetto all’anziano.
La frequente presenza di quadri clinici più sfumati nei giovani aumenterebbe infatti la quota di errore medico ed il conseguente ritardo. Il ruolo dell’età necessita dunque di ulteriori approfondimenti.
La sede ileale di Crohn ha inoltre mostrato una tendenza al prolungamento dei tempi necessari per la diagnosi di malattia. Ciò è attribuibile alla più subdola presentazione di malattia associata alla localizzazione nel piccolo intestino.
Nei pazienti esaminati, il riscontro di sanguinamento rettale tra i sintomi di esordio è risultato associato ad una riduzione dei tempi necessari alla diagnosi definitiva ( ritardo 3 vs 9.6 mesi).
Per quanto riguarda la possibile correlazione tra ritardo diagnostico e consultazioni mediche effettuate, emerge una evidenza importante e problematica: la riduzione della durata dell'intervallo diagnostico del Crohn nei pazienti che non si sono rivolti al Medico di Medicina Generale. In questi 26 pazienti presenti nella nostra casistica, il ritardo si riduce a 1.5 mesi, rispetto ai 14.2 mesi dei pazienti visitati dall’Medico di medicina generale.
Questo dato sottolinea la ancora scarsa attenzione e consapevolezza presente sul territorio rispetto alle malattie infiammatorie intestinali.
E’ emerso anche il forte impatto che l'errata esecuzione di esami endoscopici ha ancora oggi sul ritardo diagnostico nel Crohn. Rispetto alla totalità del campione analizzato, 26 pazienti sono stati sottoposti ad indagini inconcludenti con implicazioni negative sul ritardo diagnostico estremamente significative: in 19 di essi la colonscopia non è stata associata a ileoscopia (20.3 mesi vs 6.1) mentre nei 7 pazienti rimanenti durante la procedura non sono state effettuate biopsie ( 24.4 mesi vs 6.1 ).
Dott. G. Maconi